Giulio Xhaet: una surfata sulle nuove professioni del web

Giulio Xhaet: una surfata sulle nuove professioni del web

Giulio Xhaet copywriter CesopPennamontata non poteva mancare allo SMAU e, infatti, noi c’eravamo. Ci piace fare incetta di buone informazioni, ormai lo sai. Peccato che siamo usciti da lì col pancino mezzo vuoto e una punta d’amaro in bocca. Ci aspettavamo qualcosa di più, dobbiamo proprio dirlo. Ogni anno il vassoio SMAU si fa sempre più ridotto: interventi di rilievo più o meno mignon; “assenteisti” last-minute (causa forza maggiore, sicuramente); organizzazione so and so. Non so, forse dovevo fare colazione prima di scrivere questo post, ma non temere: arriverà presto la parte dolce.
 
Nota speziata di questo convegno, senza dubbio Claudio Gargliardini, al quale vogliamo dedicare un post a parte. Quello che stai per leggere, come hai avuto modo di pregustare nel titolo, vogliamo dedicarlo a Giulio Xhaet. Giulio è un giovane (e biondissimo) esperto di social media marketing e networking. Ed è stato inserito, da molti forse, nella black list dello SMAU perché – poveretto – s’è trovato incastrato tra un aereo in ritardo e un treno in stra-ritardo, nonostante la partenza alle 6 di mattina da quel di Milano. Insomma, il fato ha deciso che il workshop di Xhaet non si dovesse fare (come il matrimonio tra i promessi sposi). Grazie a Twitter, però, siamo riusciti a metterci in contatto con lui e l’abbiamo incontrato in una sovraffollatissima (s)VIP Lounge. Lì Giulio, come un fiume in piena, ci ha travolti di informazioni e notizie freschissime. Io prendevo appunti in vecchio stile – carta e penna e polso malconcio -; lui riusciva a controllare quello che scrivevo anche dall’altra parte del tavolo. Noi tutti, alla fine, ne siamo usciti sazi. Finalmente. E pure felici di esserci conosciuti.
 
Ecco quindi quello che avrebbe detto Giulio Xhaet al suo workshop Le nuovi professioni del web che non hai visto a Roma ma che, in realtà s’è tenuto sotto forma di tête-à-tête. Una vera bomba alla crema, quella che stai per assaggiare. Quindi mettiti comodo, inforca gli occhiali da lettura e goditi quelle informazioni succose che sappiamo piacciono tanto anche a te. Ah, dimenticavo: grazie Giulio.
 

Codice informatico VS Codice umanistico

copywriter lettere e numeriIl web 2.0: cos’è, cosa significa? Del web 2.0 ne hanno parlato in tanti e di significati a questo bel parolone se ne possono appiccicare di ogni. Quello che conta, però, è che dietro al termine markettaro web 2.0 si celi qualcosa di molto, molto importante: il cambiamento. Per i professionisti del web, web 2.0 vuol dire assenza di mediazione per la creazione, la modifica e la condivisione dei contenuti. Assenza di mediazione sì, ma da parte di chi? Da parte dell’ingegnere informatico, per esempio, che prima era l’unica persona a possedere skills e know-how necessari per inserire i contenuti.
 
Sia chiaro: gli esperti del web sono sempre fondamentali, ma oggi c’è la possibilità di interagire anche con altre figure. Ora possono approdare sulla rete anche persone di stampo umanistico (urrà!). C’è la possibilità di integrare un codice/luogo informatico a un codice umanistico.
 
Prima del 2004 internet usava un meta linguaggio: in poche parole parlava tra sé e sé, di sé. Da quell’anno in poi ci si è iniziati a porre una domanda: “Perché non iniziamo a pensare a internet come a un luogo su cui creare nuove modalità d’interazione tra individui?”. Detto fatto, o quasi.
 
Nuovi esperimenti di social network, come Friendster, presero piede. Ed è proprio la condivisione il vero punto di svolta, ciò che differenzia il web 1.0 dal web 2.0. Quest’ultimo infatti, a differenza del primo, incentiva lo scambio “reale” per il quale l’online coincide con l’offline.
 

Le aziende e il web 2.0: un’opportunità, una sfida o…?

web in or outCon la nascita e la crescita del web 2.0, le aziende si ritrovano a dover far due conti: “siamo dentro o siamo fuori?”. Quindi, dal punto di vista professionale, si ritrovano a vivere 4 fasi.
 

Fase 1

L’azienda si oppone tenacemente al web 2.0, impuntando i piedi come un cagnolino che deve entrare dal veterinario – hai presente la scena, vero?. Solo che, in questo caso, nessun “padrone” spinge verso l’entrata o meglio, la rete. L’azienda non investe in risorse web e mette una bolla sulle dot com. “No-no-no-no, ho detto di no e no”. E, infatti, no: su internet non ci vuole proprio andare.
 

Fase 2

L’azienda si rende conto delle potenzialità del web, ma decide di delegare la gestione in outsourcing perché non ha la più pallida idea di come muoversi. La scelta di appoggiarsi in toto a un’agenzia rispecchia l’idea dell’azienda sul 2.0. Il web 2.0 è solo una moda passeggera. Ma lasciare che qualcuno esterno all’azienda prenda in mano le redini del nostro business fino a che punto è giusto? Secondo Giulio Xhaet non molto. Giulio, infatti, ci fa ricordare l’epic fail di McDonald’s su Twitter. Te la ricordi la vicenda di #McDstories? Chi non conosce da dentro l’azienda rischia di commettere degli errori. E pure grossolani. D’altro canto, seppur delegare la gestione internamente, magari al comparto ICT sarebbe una scelta migliore, non sarebbe comunque la migliore. Chi si occupa della parte tecnica, infatti, ha meno tempo per dedicarsi alla comunicazione.
 
N.B.: il maggior numero di aziende si trovano tra la fase 2 e la fase 3.
 

Fase 3

L’azienda accetta il 2.0 e cambia strategia di comunicazione in pochissimo tempo (vedi il caso Ferrovie dello Stato). Ma chi decide di avvicinarsi al 2.0? Le figure promotrici del cambiamento possono essere:

  • Amministratore delegato
  • Top manager
  • Competitor (vengono imitati, in sostanza)

 
Nella fase 3, l’azienda riceve formazione su come muoversi al meglio nel mondo del web 2.0.
 

Fase 4

Ecco, questo è l’Eden, la situazione ideale. In questa fase si ha un’integrazione tra figure interne e figure neo assunte, giovani e dinamiche. Si vanno quindi a compenetrare competenze classiche a competenze più “moderne”.
 

Giovani freelance in fermento

No, mica è detto che bisogna per forza lavorare nell’azienda. Si può anche lavorare con l’azienda. Anche con quella di Cincinnati o Melbourne. Come? Giulio Xhaet ci spiega che per i giovani creativi esistono delle freelance community davvero ok.
Ecco quelle che consiglia di visitare:

  • Shicon di Enrico Aprico (conta circa 8mila ragazzi, di cui 6mila connazionali)
  • Twago
  • eLance
  • Odesk (e io che continuavo a scrivere “Odesque”, sigh)
  • Guru

Queste comunità sono caratterizzate dalla mentalità del “freelance is full time job“. Un freelance non è visto, quindi, come un perditempo, uno che lavora un’ora al dì e via. Un freelance è un professionista con la P maiuscola e i portali sopraccitati danno davvero la possibilità di mettersi alla prova e in gioco, persino con aziende internazionali.
 

Professionisti del web: tutte le attitudini del lavoro online

Chi lavora nel web deve acquisire col tempo (o avere già) determinate attitudini. Occorre possedere una “mentalità in beta for ever”, ossia in continua evoluzione. Ma entriamo nel vivo e vediamo quali sono queste attitudini.

  • Real-time attitude (vedi il libro Real-Time Marketing and PR di David Meerman Scott): è l’attitudine al tempo reale, che non significa essere aggiornati su tutto ogni secondo, quanto piuttosto saper coinvolgere e responsabilizzare i referenti aziendali alla comunicazione, il prima possibile. Dalla “crisi”, quindi, con un pizzico di real-time attitude si riesce a passare alla scoperta di nuove opportunità;
  • All line attitude (qui, invece, scrivevo “online”, doppio sigh): è la capacità di saper integrare l’online all’offline nell’ottica dell’always on In questo caso, Internet è qualcosa di sempre potenzialmente “attivabile”. L’all line attudine entra in gioco in molti contesti: da Foursquare alle applicazioni di realtà aumentata (vedi Layar o Local Mind) fino alla content curation (vedi Scoop o Pinterest);
  • Transolving attitude: questa capacità si splitta in due parti: da un lato si aggancia al “problem setting” (scompongo un problema in tante microparti e scopro, così, nuovi strumenti per risolverlo); dall’altro rimanda alla “transmedialità” (creo valore e contenuti oltre il brand, attraverso un tipo di comunicazione integrata);
  • Innovhunting: tra il cacciare e l’innovare. Insomma, il professionista del web è una sorta di cacciatore inglese vestito da Darth Fener. Occorre saper mappare, selezionare, filtrare e curare le fonti più interessanti. Vuol dire, quindi, saper dire di no al 90% dei contenuti. Quando si aziona questa particolare abilità? Indovina. Lo fai tutti i giorni. Lo inizi a fare appena metti piede in ufficio (o in studio). Ok, ho capito: l’aiutino da casa non ti basta. Ma chi sono io, Bistefani? Va bene, dài, te lo dico. L’attitudine all’innovhunting entra in gioco anche quando ti ritrovi di fronte alla caselle di email brulicante di messaggi. In quel momento, fai o no un lavoro di selezione contenuti?

 

Professionisti del web a rapporto

Partendo dal presupposto che tutte le professioni che stiamo per scoprire sono legate tra di loro, e che ciascuno deve conoscere le basi di tutto, ecco alcuni dei nuovi mestieri sul web e i relativi talenti:

  • Web analyst: il suo talento è quello di saper gestire e riconoscere le occorrenze numeriche e saperci cucire sopra delle strategie ad hoc;
  • Seo: è la mente tecnico-analitica per eccellenza. Ha competenze informatiche e una forte attitudine al testing;
  • E-reputation manager: riconosce e gestisce le occorrenze linguistiche. Diciamocelo: è un po’ l’umanista del gruppo;
  • Digital PR: la figura con una spiccata attitudine al networking all line;
  • All line advertiser: è dotato di capacità di visione integrata di più strumenti;
  • Transmedia web editor: lui sì che è uno forte. Il suo talento è quello di avere una voce propria e di saperla usare come si deve (vedi blogger);
  • Content curator: quello che lo contraddistingue è l’innovhunting e la capacità di stare sempre sul pezzo.
  • Community manager: è portavoce e portabandiera delle community online. Il suo talento è l’empatia.

 
Per finire, quello che tiene a sottolineare Giulio è che, attualmente, le porte sono aperte anche per chi ha un profilo prettamente umanistico.
 
download pennamontata
Clicca sull’icona qui a sinistra: potrai scaricare tutte le slide che Giulio aveva preparato per lo SMAU Roma e che non ha avuto modo di mostrare.
 
 
 
 
 
 

È uscito il libro di Giulio, “Le nuovi professioni del web”

Aggiornato al 13/08/2012

le nuove professioni del web xhaetFresco di pochi giorni, è uscito il libro Le nuove professioni del web di Giulio. Io, da brava copy-curiosa, non ho potuto che acquistarlo e leggerlo tutto d’un fiato per voi.
 
Ed eccomi qui a dare il mio modestissimo parere. Il libro è senza dubbio utile e valido per chi vuole iniziare a muovere i primi passi nel mondo del web. Chi, in questo preciso momento si sta ponendo la domanda “Web editor o Content curator?”, troverà in questo testo l’illuminazione. Capirà quali sono i mestieri che può intraprendere grazie a Internet e come – e dove – spendere le proprie abilità.
 
Buoni spunti di approfondimento li troverà anche chi nel web già ci lavora, e vuol conoscere meglio i profili diversi dal suo. Ma veniamo, per l’appunto, a queste professioni. Quali sono?

  • Community manager
  • Transmedia web editor
  • Digital PR
  • All-line advertiser
  • E-reputation manager
  • Web Analyst
  • Search Engine Optimizer
  • Content Curator

 
Immaginate un banchetto di finger food. Ecco, il libro di Giulio è così. Dà modo di assaggiare di tutto un po’, saziandosi senza abbuffarsi. Interessanti le interviste agli esperti del settore e i contenuti extra da scaricare direttamente dal sito www.professionidelweb.it.
 
Consiglio l’acquisto di Nuove professioni del web soprattutto ai neofiti del web. Non perdete tempo: adesso sul sito dell’Hoepli c’è anche un allettante sconto del 15%.