Importante: prima di proseguire nella lettura di questo articolo, procurati uno scalpello e un grande masso (chi di noi non ne ha uno in casa?). Ok, siamo pronti a scolpire nella pietra questa verità granitica: per essere bravi copywriter bisogna essere eccellenti editor di sé stessi. Attenzione a non fare refusi, mi raccomando, ché correggere potrebbe essere un tantino difficile in questo caso.
A dire la verità correggere i propri testi – e non solo per eliminare quei sadici mostriciattoli dei refusi – è sempre un’operazione ostica. Ma accidenti quante cose ti insegna! Ecco perché ho pensato potesse essere utile scrivere questo articolo sull’editing o, meglio, sull’auto-editing.
Sì, perché correggere, limare, migliorare i testi altrui è un lavoro diverso, almeno questo è ciò che ho capito dalla mia esperienza. Diverso nella misura in cui tra noi e il testo non ci sono tutti i limiti (e i pericoli) della genitorialità.
Qui ti darò dei consigli pratici per l’editing dei tuoi testi. Cominciamo.
Mantieni la distanza di sicurezza
Lo dico sempre anche ai corsisti di Copy42 WEB, a cui tengo una lezione sul blogging: una volta messo l’ultimo punto al tuo articolo, chiudilo e, prima di riaprirlo, fai passare almeno un giorno. È la distanza di sicurezza minima per poter tornare sul testo a mente lucida e veder emergere tutte le magagne che si nascondono nella sua trama:
- ripetizioni non volute;
- ripetizione di concetti;
- parole di troppo, in primis gli “avverbiacci”, che si intrufolano nei nostri testi con la scaltrezza degli imbucati alle feste;
- frasi più o meno contorte o lunghissime;
- ritmo monotono;
- problemi di content design, come i famosi “muri di parole”;
- errori nella gerarchia delle informazioni;
- veri e propri nonsensi, che viene da chiedersi se per caso abbiamo preso alla lettera l’invito di Hemingway a scrivere da ubriachi. Fortuna che si è premurato di aggiungere “edit sober”.
Io lo so, lo so che cosa stai pensando: e dove le trovo queste 24 ore di tempo? Imprevisti a parte, tutti i lavori che possono essere programmati con un calendario editoriale (gestione di blog, social, newsletter…) e/o con un diagramma di Gantt ti danno la possibilità di trovare il tempo necessario per l’editing.
Le nostre 24 ore di lontananza dal testo ci saranno di sicuro utili. Ma bastano? No. Dobbiamo mettere in pratica delle tecniche. Ecco quali.
Ma sentiti quando scrivi!
Nei nostri testi ci sono difetti che, con i soli occhi, facciamo fatica a trovare. Per scovarli, li dobbiamo sentire. Quindi: rileggi ad alta voce. In particolare, questo ti aiuterà a trovare e correggere:
- ripetizioni ravvicinate di una stessa parola, per cui dobbiamo sfoderare sinonimi o cambiare qualcosa all’interno della frase.
- Frasi così lunghe da togliere il respiro, su cui dobbiamo agire servendoci della punteggiatura (quante soddisfazioni dà il punto e virgola?).
- Ritmo noioso. Può capitare, ad esempio, di costruire più frasi con un’identica struttura sintattica, magari in una stessa parte del testo. E le orecchie se ne accorgono!
C’è poi un’altra voce che devi ascoltare, quella della tua penna interiore.
Ascolta quella vocina lì
Sia durante la lettura silenziosa che durante quella ad alta voce, a mano a mano che procediamo si accendono nella nostra mente degli allarmi. Alcuni sono rumorosissimi, ed è impossibile ignorarli. Altri sono flebili, come la voce di una nonnina che ci sussurra: “Qui c’è qualcosa da aggiustare”.
Può trattarsi di un aggettivo non proprio azzeccato o che dovrebbe stare in un altro punto della frase. Oppure può essere l’assenza di un segno di interpunzione che disorienterà il lettore, a volte persino con esiti comici (famoso l’esempio “Vado a mangiare nonna.”/“Vado a mangiare, nonna.”).
Quando rileggi i tuoi testi, concentrati per sentire quella vocina lì, non ignorarla.
Gli errori a monte
Finora ti ho parlato del labor limae per correggere tutte le imperfezioni della trama del testo. Ma a volte, prima di limare, dobbiamo prendere lo scalpello e rimediare a errori che derivano da una progettazione poco oculata del contenuto.
Ripetizione di concetti
Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
La riconosci? È una delle 40 regole per scrivere bene che ci ha lasciato Umberto Eco. La tredicesima, per essere precisi.
La ridondanza è spesso figlia di questa cattiva pratica: non definire bene il “cosa”, ovvero ciò che vogliamo dire, prima di metterci a scrivere. Capita così che uno stesso messaggio venga ripetuto più volte, in modi diversi, ma senza aggiungere nulla di nuovo rispetto a quanto già detto. Ed ecco che l’attenzione del lettore – attenzione che magari siamo riusciti a guadagnarci con un bel titolo – è persa. È inutile che ti dica perché non possiamo permetterci di correre questo pericolo.
Fai attenzione alla ridondanza soprattutto nelle introduzioni, un momento delicatissimo, in cui il lettore deve sentirsi accolto, coinvolto e guidato dalle nostre parole, non subissato da un inospitale bla bla bla. Cosa fare quando nel tuo testo incontri concetti ripetuti? Non avere pietà: taglia.
Cattiva gerarchizzazione delle informazioni
Siamo di fronte a un errore di progettazione che ha a che fare non solo con il “cosa dire” ma anche con il “quando dirlo”. Nello scrivere di un determinato argomento, prodotto o servizio, dobbiamo individuare le informazioni importanti, assegnare loro un ordine di priorità e, in base a questo, strutturare il nostro contenuto.
Facciamo qualche esempio:
- se devi scrivere la ricetta per un piatto complesso, nella procedura devi fare attenzione all’ordine delle indicazioni;
- se devi scrivere una scheda prodotto per un paio di scarpe sportive, prima di parlare dell’innovativo materiale della suola, dovrai dire se sono scarpe da trekking o da corsa;
- se devi scrivere un blog post su cosa vedere a Dublino in 3 giorni, magari potrebbe essere utile per il lettore appuntarsi prima le attrazioni nel centro città e poi quelle fuori.
Nella prima stesura del testo, però, potremmo commettere degli errori nella gerarchizzazione delle informazioni. Sai quando questo rischio aumenta in modo esponenziale? Quando ci mettiamo a scrivere senza l’ausilio di una scaletta. La fase di editing, però, ci permette di rimettere tutto a posto. Come si fa? A Mary Poppins basterebbe schioccare le dita; tu devi “solo” armarti della pazienza che non hai avuto in fase di progettazione.
Una volta che avrai finito di mettere tutto in ordine e avrai fatto sul tuo testo le limature del caso, potrai dedicarti all’ultima (permettimi di alzare la voce) IMPORTANTISSIMA fase di editing. Quella sul content design.
Content design: (pre)vedi oltre la pagina Word
Quando scriviamo sulla pagina Word (o Pages, Google Doc, etc.) abbiamo una visione falsata del nostro contenuto: non è così come lo vediamo che apparirà una volta pubblicato o stampato. Concentriamoci sui testi per il web – per quelli destinati a essere stampati su carta ci vorrebbe un approfondimento a parte.
Dovremo pensare a come apparirà il testo una volta caricato sul CMS (il Content Management System, come WordPress per esempio) utilizzato dal nostro cliente. E dovremo preoccuparci non solo di come apparirà da desktop ma anche di come apparirà da mobile.
La condizione ideale, quindi, per fare un editing efficace sul content design è includere nel nostro servizio di scrittura testi il caricamento sul CMS. Va da sé che dovremo avere almeno nozioni di base sul sistema in questione e sull’uso del codice HTML.
Quando metteremo il nostro contenuto nel CMS sapremo come sarà visto dal lettore e potremo fare tutte le modifiche necessarie sulla formattazione e sul visual (per esempio, aggiungere o eliminare immagini).
Se non è possibile accedere al CMS, dovrai chiamare in causa il tuo buon senso e agire preventivamente sul foglio Word. Perché preoccuparci tanto dell’editing sul content design? Per migliorare l’esperienza del lettore.
Ohhh! Adesso puoi andare a fare editing sull’ultimo testo che hai scritto. Ah, no, aspetta aspetta: mi scappano due parole sui refusi.
Refusi. (Non) Arrendiamoci alla dura realtà
Essere bravi copywriter e bravi editor significa anche preoccuparsi di mandare per il mondo testi ben scritti e ripuliti dai refusi. Ma la dura realtà è che il refuso può capitare. Anche ai migliori. Anche ai più scrupolosi. Sono d’accordo con quanto ho letto su un interessante articolo de “Il Post” dedicato ai refusi:
Un refuso o un errore ortografico probabilmente sono meno gravi dal punto di vista della comprensione e della comunicazione di una scelta sbagliata di parole che confonde il significato della frase.
Questo, però, non esime noi copywriter da un’attenta correzione di bozze. Per ridurre al minimo il rischio di lasciare erroracci nei testi ci sono tante tecniche: su questo blog ne ho consigliate alcune ai copywriter rifiuta-refusi come me e ne ha parlato anche Valentina Falcinelli in un articolo dedicato a esempi di refusi, soluzioni e scongiuri. 🙂
Ma, alla fine, che cos’è che impari da questo benedetto editing? Impari ad aver cura dei contenuti che metti in circolazione. E non solo: diventi più consapevole dei meccanismi della scrittura e anche di quelli della lettura. Fare editing sui tuoi testi è la miglior scuola per la tua penna.
Ok, ci siamo detti tutto quanto è necessario sapere sull’argomento? Mi dispiace deluderti ma no. Ci sono molte altre cose da imparare, con lo studio e l’esperienza.
Per questo abbiamo voluto lezioni specifiche sulla correzione di bozze e sull’editing nei corsi di formazione Copy42 WEB e Copy42 ADV. Sono tenute da Leonardo Luccone, editor e direttore dello studio editoriale e agenzia letteraria Oblique (per non perderti aggiornamenti sulle prossime edizioni segui la pagina Facebook Copy42 e iscriviti a PopCopy, la newsletter Pennamontata). Se posso darti un ultimo consiglio è questo: vai a leggerti i programmi.