Brand e Testimonial nella pubblicità. Ci metto la faccia o ce la rimetto?

Brand e Testimonial nella pubblicità. Ci metto la faccia o ce la rimetto?

‘Sto matrimonio nun s’aveva da fà – sembra tuonare tra le calli web. Del senno di poi ne son piene le fosse, si vocifera negli uffici manageriali.

Che succede? Succede che lo sposalizio tra un brand e il suo testimonial sta andando a rotoli, un po’ come la mia promessa di iniziare la dieta lunedì. Il divorzio, in casi come questo (parlo del brand, non della mia dieta), si trasforma nello scioglimento del contratto e spesso in sonori fischi – più o meno mediatici.

Sicuramente dei recenti casi Schwazer e Minetti ne hai sentito parlare e letto un sacco anche tu. In questo post voglio condividere con te alcune idee e alcuni pensieri. Come sempre, il tuo contributo è fondamentale.

Avere un testimonial è davvero così importante?

Partiamo dal presupposto che una percentuale alta, altissima delle aziende italiane, e non, si fa rappresentare da un “volto noto”. Ecco qualche case history famosa:

  • Ilary Blasi e Totti per Vodafone;
  • Clooney, testimonial Nespresso e Fastweb;
  • Michelle Hunzicker per Telecom Italia;
  • Fabio De Luigi per Dash;
  • Luciana Littizzetto per Coop;
  • Fiorello per Sky;
  • Aldo, Giovanni e Giacomo per Wind;
  • Federica Pellegrini per Pavesini ed Enel;
  • Alessandro del Piero e Cristina Chiabotto per Uliveto e Rocchetta.

L’elenco potrebbe essere molto più corposo di così, ma ti voglio bene e te lo risparmio. Comunque, puoi benissimo continuarlo da te.


Prova a fare questo esperimento: pensa a un brand qualunque e cerca di ricordare se viene rappresentato, o meno, da un testimonial. Scoprirai che sono poche le aziende che, ormai, non fanno ruotare le loro campagne pubblicitarie attorno a un volto noto.

La domanda adesso è questa: “Avere un testimonial è davvero così fondamentale?”. La risposta, secondo me, è no. Ci si può sponsorizzare anche senza. Affidandosi a un personaggio famoso, però, ottenere la desiderata visibilità comporta molto meno sbattimento.

Affidarsi a un testimonial serve per tre ragioni:

  • Catturare l’attenzione del pubblico, anche di quello più distratto;
  • Far scattare il meccanismo della fiducia. Se il testimonial è credibile e affidabile, acquistare quel prodotto viene più spontaneo;
  • Far scattare il meccanismo della “continuità emulativa”. Mi piace il testimonial; al testimonial piace quel prodotto; a me piace quel prodotto.

Quante volte, senza magari rendertene nemmeno conto, hai pensato: “Se lo dice lui, deve essere così”?


Un testimonial ispira fiducia e sappiamo bene come la mancanza di fiducia verso un brand o un prodotto sia la frizione più grande all’acquisto. Tolta la diffidenza, il percorso verso la vendita è spianato.

Testimonial epic fail. Quando una faccia ti fa rimettere la faccia

Come accennavo in apertura, tra gli ultimi casi di testimonial epic fail possiamo annoverarne almeno tre.

Nicole Minetti e l’insuccesso mediatico Parah

La prima e più recente case history è quella che riguarda il celebre brand Parah. Parah ha scelto come testimonial per la promozione della sua linea mare la consigliera regionale lombarda Nicole Minetti.

Prima e dopo la sfilata dell’avvenente politica, il popolo del web si è scatenato sulla fanpage Parah, tanto che il presidente del marchio, dichiara in un’intervista: “Non riesco più a guardare la nostra pagina Facebook per gli insulti che hanno scritto: vergogna, fate schifo, dovete fallire. […] È la prima volta nella storia dell’azienda che andiamo a prendere un personaggio politico e chiaccherato, non mi pento ma basta“.

Nel post pubblicato su Facebook, invece, si legge:
Sì, volevamo la vostra attenzione. A quanto pare la notizia che Nicole Minetti sarà modella durante una sfilata Parah è riuscita ad ottenere la Vostra attenzione. […] Al giorno d’oggi l’unico modo per colpire l’attenzione sembra essere quello di stupire e creare scandalo, ecco perché spesso i nostri modelli non hanno ottenuto l’attenzione sperata, ancora meno se i testimonial sono ragazzi e ragazze scelti tra la gente comune. Ecco che questa volta abbiamo osato. Abbiamo sfruttato l’attenzione mediatica che circonda la figura di Nicole Minetti per rompere gli schemi e ottenere la Vostra attenzione. È stata una mossa coraggiosa. Ci dispiace aver turbato e fatto arrabbiare qualcuno, soprattutto quando i nostri Clienti e Fan storici, che da sempre seguono Parah, dicono che vogliono abbandonarci. Ma se l’abbiamo fatto, soprattutto ora con la settimana della moda alle porte, è stato per portare l’attenzione su quello che vuole comunicare Parah.

La scelta di Parah di affidarsi a un testimonial “controverso” non è stata vista di buon occhio dal pubblico. Avvalersi di un testimonial per così dire “di rottura” non ha sortito gli effetti sperati e l’immagine di questo brand, così solida e forte, ha vacillato un poco.

Di latte, cioccolato e doping. Il caso Schwazer

Meno recente del caso Parah, quello del testimonial dell’azienda Kinder e Ferrero ha sollevato il polverone attorno alla questione brand-testimonial.

Da diversi anni, la Kinder ha scelto come testimonial dei suoi prodotti noti personaggi sportivi, che sono riusciti ad arrivare al successo con fatica e tenacia.

Il problema nasce quando Alex Schwazer viene fermato per doping e non può continuare la sua marcia verso l’oro alle Olimpiadi. La Ferrero recide il contratto, sostenendo che “era in scadenza con le Olimpiadi e comunque ogniqualvolta facciamo accordi con i nostri testimonial abbiamo delle clausole di rescissione“.

A differenza del caso Parah-Minetti, che vede interrompersi i rapporti a causa della rivolta mediatica di un pubblico quanto mai agguerrito, quello Ferrero-Schwazer giunge al termine per via di un comportamento non in linea con la filosofia aziendale da parte del testimonial.

Due situazioni molto diverse, queste, che comunque ci fanno capire quanto lo sposalizio brand-testimonial possa giungere al capolinea più in fretta di un FrecciaRossa.

Belen e la cannibalizzazione del prodotto

Belen è uno dei personaggi televisivi più in voga del momento. Ve la ricordate, un anno fa, nella pubblicità della TIM assieme a Christian De Sica?

Be’, la scelta della TIM di impiegare Belen si rivelò essere non così vincente come sperato. Il motivo? Quando un personaggio noto sponsorizza, nello stesso tempo, più di un prodotto; quando lo si vede in più campagne pubblicitarie; quando catalizza l’attenzione su di sé piuttosto che sul bene da promuovere avviene il fenomeno chiamato “cannibalizzazione del prodotto”. In pratica, il prodotto passa in secondo piano rispetto al testimonial.

Ed ecco che abbiamo passato in rassegna anche la terza casistica di testimonial epic fail.

Conclusioni…

Come abbiamo visto, il rischio di sbagliare la scelta del proprio testimonial è reale. A mio parere, c’è anche la soluzione per evitare questa trappola, ma ne parlerò in un prossimo articolo. Per ora voglio sapere cosa ne pensi tu sull’argomento brand-testimonial.

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