Contenuti di qualità o contenuti in quantità? Cos’è meglio per un blog? Cosa aiuta la SEO? Questa la domanda che ha aperto un recente post di Valentina (che vede anche il mio contributo), ed è la stessa che ho scelto di utilizzare per il mio.
Quello che cercherò di farti capire con questo focus è che stai sbagliando tutto e dovresti fare un atto di umiltà e cambiare la tua prospettiva.
Attenzione: sarò così brutale che se oggi non sei di buon umore, ti consiglio di non leggere quello che sto per dirti.
Iniziamo dal fondo. Cosa aiuta la Seo?
La domanda è posta nel modo sbagliato per tantissimi motivi di cui ne evidenzio solo 2:
- è sbagliato avere come obiettivo la Seo;
- non è possibile avere come obiettivo la Seo in quanto è dapprima un concetto che non esiste, in secondo luogo nessuno può sapere come funzioni Google dato che i suoi algoritmi sono segreti.
La domanda giusta da porre sarebbe invece: “Cosa influisce su di un contenuto affinché Google lo mostri alla maggior parte dei suoi utenti quando effettuano delle ricerche per temi o argomenti inerenti il contenuto stesso?”.
Ovviamente ci possono essere tantissime altre interpretazioni, così come ci sono tante definizioni di SEO, ma un aspetto che voglio farti notare è che ho escluso del tutto qualsiasi significato implicito o esplicito di valutazione.
Stai per abbandonare la lettura vero? Ti capisco, come non approfittare di queste brevi giornate di sole in questa pazza estate 2014?
Se invece hai avuto il coraggio di continuare, allora adesso ti spiego cosa voglio dirti.
Qualità? Ognuno la pensa come vuole
Immagina di radunare i tuoi vicini di ombrellone, diciamo una decina di ragazze e ragazzi di qualsiasi età. Adesso ognuno provi a leggere degli articoli di giornale o a guardare i vari teli mare; quindi stilate una classifica di gradimento. Il risultato sarà che tutti avrete compilato una classifica diversa.
Cosa significa? Significa che quando valutiamo due o più testi, ognuno di noi avrà le proprie preferenze. Proprio per questo non può esistere il concetto di “migliore in assoluto”, secondo, terzo, quarto e così via.
Ho appena spazzato via il motivo per cui viene posta la classica domanda “perché quella pagina – o pubblicità o pietanza – è stata classificata prima di altri?”. La risposta è semplice: chi l’ha valutata aveva le sue preferenze, o i suoi motivi, oppure è stata stilata una media tra più voti e tu non puoi pretendere che altre persone abbiano i tuoi stessi gusti o le tue stesse motivazioni.
Facciamo adesso un salto dentro le pagine dei risultati di Google, le serp.
Se già un piccolo gruppo di persone sulla stessa spiaggia non riesce a essere d’accordo sul valutare nello stesso modo degli articoli o una qualsiasi altra cosa, come pretendi che possa farlo una macchina? Per quale motivo pensi che un’accozzaglia di ferro e algoritmi possa ragionare come te e restituirti un elenco valutato nello stesso modo che faresti tu?
Non te la prendere, quindi, se Google ti mostra i risultati di una ricerca facendo una valutazione diversa dalla tua.
Antropomorfizzazione di Google
Ciò che sto notando di recente, soprattutto in alcuni settori che non conoscono gli aspetti più reali della SEO – al contrario degli aspetti sensazionalistici, è un’antropomorfizzazione di Google.
Chiariamoci meglio: Google non è una persona. Google non è una macchina senziente, Google non è un motore di ricerca semantico (almeno non come intendi tu il termine semantica), Google non usa persone per stabilire l’ordine dei risultati di ricerca.
Cos’è veramente Google?
Google è una macchina complessa, formata da hardware, software, un mare di algoritmi di cui molti ad apprendimento automatizzato, sistemi di controllo e penalizzazione. Ma fa anche uso di persone, sia per istruire gli algoritmi ad apprendimento macchina, sia per valutare i risultati. In questo modo può intervenire sui parametri degli algoritmi per aggiustare i risultati.
Cosa vuole ottenere Google?
Google vuole offrire il miglior servizio possibile ai suoi utenti ottimizzando i suoi investimenti e massimizzando i profitti. Quando rileggerai la frase di sopra ricordati che quando tu che crei un contenuto non sei un utente di Google.
Come si crea un contenuto che piaccia a Google?
Questa domanda non è posta nel giusto modo. Invece di domandarci come creare un contenuto che piaccia a Google, proviamo a chiederci cosa faremmo per offrire ai nostri utenti i migliori contenuti se fossimo noi stessi un motore di ricerca. Ecco il cambio di prospettiva che occorre per iniziare a far sul serio un’ottimizzazione SEO.
In un progetto SEO questo cambio di prospettiva corrisponde all’analisi delle serp e dei motori di ricerca verticali (ex universal search). Serve per capire come Google, per quel particolare settore/topic/query, stia cercando di offrire i migliori risultati ai suoi utenti.
Quest’analisi fa vedere chiaramente come Google restituisca risultati diversi in base a contesto, luogo, tempo, utente e a tanti altri parametri. Insomma, l’ordinamento di Google non è un semplice elenco in Excel, ma una realtà complessa e dinamica che va letta e interpretata.
Quantità o qualità per la SEO?
Vediamo adesso di rispondere alle due domande con cui abbiamo iniziato la nostra lunga chiacchierata.
La quantità aiuta la SEO?
No, la quantità di per sé non è un fattore di valutazione SEO. Ogni settore e ogni tipologia di serp hanno le loro dinamiche e Google può premiare siti con molti contenuti così come siti con pochi contenuti.
Anche la quantità su ogni singola pagina non è di per sé un fattore SEO.
Se è vero che una pagina di un sito istituzionale con scarso contenuto influisce in modo negativo sulla valutazione del sito stesso, lo stesso può non essere vero nel caso di un e-commerce, dove magari una breve descrizione del prodotto venduto può essere sufficiente (adesso mi fermo per non anticipare la vera doccia fredda che sta per arrivarti addosso).
La qualità aiuta la SEO?
No, la qualità di per sé non è un fattore di valutazione SEO. Come ti ho spiegato sopra, innanzitutto Google non è una persona: smettiamola di antropomorfizzarlo. Inoltre non utilizza persone per scegliere in quale ordine mostrare i risultati.
Davanti a due testi, a patto che essi siano grammaticalmente corretti e privi di errori ortografici – uno scritto da un bravo scrittore, l’altro brutto, senza capo né coda – Google non riuscirebbe a scegliere quale possa essere il migliore se non prendesse in esame altri fattori.
Solo allargando la valutazione al dominio che ospita i testi, all’architettura informativa, ai riferimenti interni al sito stesso, alle caratteristiche tecniche e alle prestazioni del server, a tutti i segnali esterni quali per esempio backlink e citazioni, e ai comportamenti degli utenti Google riesce a stabilire il ranking.
Come stabilisce il ranking Google?
Magari qualcuno sapesse nel dettaglio quali sono i fattori di ranking! Tra l’altro sta girando un articolo che millanta di elencare i 200 fattori SEO. Be’, è una bufala. Aperta e chiusa parentesi.
Comunque, per semplificare il discorso, Google stabilisce il ranking di un contenuto cercando di calcolare e valutare quanto questo contenuto sia gradito ai suoi utenti. Come? Usando i backlink come strumento per valutare la reputazione (è un nuovo concetto espresso nelle linee guida di Google che muta il significato di backlink) di un sito o di un articolo e stimando il gradimento dei suoi utenti. Facile no?
Senza dei segnali di reputazione e senza segnali di gradimento, i nostri due articoli dell’esempio di sopra, uno scritto da un perfetto novello Dante Alighieri e l’altro rozzo e patetico, sarebbero identici per Google.
La doccia fredda
La realtà dei fatti è che stai sbagliando tutto e che dovresti fare un bagno di umiltà e cambiare la tua prospettiva. Sì, perché se mi hai seguito fin qui – tra l’altro complimenti: io non ce l’avrei fatta a leggere tutto – adesso sai che la qualità di per sé non è un concetto che Google può valutare.
Se quindi vuoi davvero ottimizzare in ottica Seo i tuoi contenuti, non solo testuali, devi innanzitutto smettere di pensare che tu possa mai ideare, creare o produrre un contenuto di qualità (tu lo sai fare, ma Google non lo capirà mai). Ripeti quindi insieme a me: “Io non posso creare contenuti di qualità”.
Dopo questo primo rito, adesso sei pronto a cambiare prospettiva. Quale? Non certo quella del motore di ricerca. Ricordi? Gli algoritmi di Google sono segreti e i 200 fattori SEO svelati come il quarto segreto di Fatima sono la bufala dell’estate 2014.
Il cambio di prospettiva è quello di pensare al tuo pubblico (che poi saranno gli utenti di Google). Se sarai in grado di soddisfare il tuo pubblico, allora questo genererà tutti quei segnali di reputazione e gradimento che i freddi e asettici algoritmi di Google saranno in grado di valutare.
È quindi il tuo pubblico che definirà se hai scritto un contenuto di qualità e utile.
Contenuti: qualità o quantità?
Chi vince? Nessuna delle due: vince l’utilità. Fai attenzione, non è una mia opinione: è il modo in cui funziona Google e a riguardo ci sono anche rivelazioni di ex ingegneri dell’azienda, quindi è proprio così.
Ti riporto proprio l’esempio narrato da un ex dipendente di Google. Immagina una persona che sta cercando informazioni sul suo raffreddore. Google ha a disposizione un vasto archivio di contenuti a riguardo, tra i quali delle semplici risposte e suggerimenti presi da pagine di forum o da Yahoo Answers, e perfetti trattati medici che riportano gli ultimi sviluppi della medicina moderna per combattere il raffreddore.
Se Google prendesse in esame solo la qualità (ti ricordo che non può farlo come farebbe un essere umano) è ovvio che i testi scritti da veri dottori vincerebbero a mani basse. Ma è davvero la cosa più utile per gli utenti di Google? No, non sarebbero quelli i risultati più utili. Le persone che cercano informazioni su come curare il proprio raffreddore, infatti, non vogliono leggere trattati medici ma desiderano ricevere buoni consigli.
Quindi tra quantità e qualità la vera vincitrice è l’utilità. Utilità mediata ovviamente dalla qualità. Sono i contenuti utili quello che le persone cercano, e quindi sono loro quelli più premiati da Google.
Come ti senti adesso? Sei pronto a cambiare prospettiva e far decidere al tuo pubblico cosa sia davvero utile e di qualità?