“Manager”.
Che immagine si materializza nella vostra mente? Lasciateci indovinare: uomo, bianco, sulla cinquantina, completo grigio. Eppure oggi la realtà è un’altra: la percentuale di donne manager cresce anno dopo anno, e sono perlopiù giovani (fonte: Manageritalia 2023).
Per tanto tempo gli stereotipi nella pubblicità hanno contribuito a plasmare la nostra percezione della realtà – semplificandola, appiattendola, allontanandoci dalla possibilità di cambiamento. Oggi per fortuna le cose sono diverse.
Ci sono brand che hanno fatto del ribaltamento degli stereotipi una leva strategica capace di aumentare la brand awareness, brand che la “pubblicità discriminatoria” l’hanno lasciata all’uscio. Sono quei brand che ci hanno aiutati a vedere la complessità del mondo in cui siamo immersi. I risultati? Li vediamo e analizziamo in questo approfondimento.
I maestri del contropiede creativo: casi di successo nella comunicazione pubblicitaria
I consumatori di oggi sono più attenti, più sensibili, meno disposti a tollerare gli stereotipi e la pubblicità discriminatoria. Non lo diciamo noi, lo dicono i numeri, quelli raccolti dall’Edelman Trust Barometer 2023.
Un dato significativo che alcuni brand hanno saputo trasformare in opportunità. Vale la pena analizzare alcuni esempi di pubblicità che hanno fatto scuola, che hanno costruito un racconto autentico e stabilito una connessione profonda con le persone.
Nike, quando la normalità diventa forza nella pubblicità inclusiva
Nike ha ribaltato da tempo il modo di raccontare lo sport e gli atleti. Della campagna Winning Isn’t Comfortable del 2024, lo spot Stairs ha fatto da apripista. Sulle note di Love Hurts dei Nazareth, il brand ha raccontato la fatica quotidiana attraverso volti reali, corpi veri, doloranti per la stanchezza dopo una lunga maratona – quella di New York. Qui vediamo l’autentica determinazione di chi ogni giorno si gioca la propria, personalissima, gara personale.
Con questa campagna, perfettamente in linea con la sua strategia di branding, Nike si è avvicinata ancor di più alle persone: ha normalizzato il dolore dopo una prestazione, l’intenso sforzo fisico dopo un allenamento sfidante, logorante. Ci ha fatto capire che “vincere non dà sempre la sensazione di aver vinto”, con un mood meno motivazionale rispetto alle campagne precedenti, ma profondamente autentico. Inclusivo.
McCain Foods, la famiglia reale batte quella perfetta
Nel 2014, McCain Foods affrontava una grande sfida: i consumatori vedevano le patatine surgelate come un prodotto indifferenziato, e al supermercato finivano per scegliere l’alternativa più economica. Non cercavano McCain. Come cambiare le cose? Come aumentare le vendite di un prodotto di fascia premium?
Attraverso una content production incentrata sulle emozioni. Semplice? Tutt’altro!
McCain ha deciso di abbandonare lo stereotipo portato avanti dai media della “famiglia perfetta” per raccontare la famiglia vera, quella autentica, caotica, disorganizzata, gioiosa. Una scelta che non solo ha rivitalizzato il brand, ma che è stata anche premiata con il prestigioso Grand Prix degli IPA Effectiveness Awards.
Currys: gli stereotipi generazionali diventano virali
Veniamo ora a una masterclass in storytelling generazionale: il caso Currys, una catena britannica di elettronica che ha colpito nel segno con una campagna sul Black Friday intelligente e autoironica. Il video, subito virale, parla alla generazione dei Millennial, il gruppo più propenso ad approfittare delle offerte del Black Friday – e, allo stesso tempo, più consapevole che le promozioni potrebbero non essere così vantaggiose.
La campagna è geniale per più ragioni. Prima di tutto, per l’aspetto volutamente amatoriale del video, che trasmette quella genuinità tanto ricercata dalle persone. Poi, per il targeting chirurgico che ha permesso di dominare i trend social con un investimento minimo. Infine: per la profonda comprensione delle dinamiche d’acquisto generazionali.
Il risultato? Brand awareness organica ed engagement alle stelle. Il tutto con un budget molto contenuto. La campagna dimostra come la comprensione profonda del proprio pubblico possa trasformare gli stereotipi generazionali in una leva di engagement formidabile.
Gillette: più emozione, meno stereotipi di genere
Concludiamo con un non recentissimo spot di Gillette per la campagna #MyBestSelf. Protagonista è Samson Bonkeabantu Brown, un artista transessuale canadese che viene ripreso durante la sua prima rasatura.
Gillette fa un’inversione a U rispetto all’immaginario a cui attingevano le precedenti campagne, dove il consumatore tipo era o il macho che si fa la barba o il padre che spiega al figlio come radersi. Il brand capisce che è giunto il momento di voltare le spalle a una narrazione che attinge a un immaginario stereotipato e, così facendo, si erge a paladino della diversità. Una mossa semplice, coraggiosa e al contempo strategica.
Dalla perfezione all’autenticità, l’arte del rovesciamento degli stereotipi nel marketing
La sfida per i brand di oggi non è più apparire perfetti, ma autentici. E questo non è un trend passeggero, non è strategia, è una condizione base per intessere una relazione con il proprio pubblico. Ma per farlo, servono almeno 3 cose.
- Autenticità. Non basta abbandonare gli stereotipi pubblicitari, bisogna farlo in modo coerente con i valori del brand.
- Targeting consapevole. È necessario comprendere profondamente il proprio pubblico per rovesciare gli stereotipi giusti nel modo giusto.
- Execution impeccabile. L’autenticità nella comunicazione del brand deve emergere naturalmente, mai apparire forzata o, peggio ancora, opportunistica.
Il superamento degli stereotipi oggi non è più un’opzione: è un requisito minimo, è la condizione necessaria per continuare ad avere un pubblico. Come farlo in modo creativo, strategico e con risultati sorprendenti, questo è un altro discorso: un discorso da specialisti del branding e dell’advertising.
Il vostro brand è pronto a riscrivere le regole della comunicazione pubblicitaria? Noi possiamo aiutarvi a costruire una vostra narrativa che sia davvero autentica. Parliamone.