Successo o fallimento. Esecuzione esemplare o flop colossale.
Quando si parla di strategie di evoluzione del brand – rebranding, restyling e brand revitalization – passare dalla possibilità di mettere in campo manovre efficaci a tattiche fini a sé stesse è un attimo. Molto più complesso, invece, è affrontare in modo profondo e analitico una strategia e portare avanti un’esecuzione accurata.
Siccome ancora oggi si fa una grande, pantagruelica, confusione, in questo approfondimento esploreremo le differenze sostanziali tra rebranding, restyling e rivitalizzazione della marca, offrendo una prospettiva innovativa basata sui più recenti sviluppi del brand management.
Rebranding: quando la trasformazione dell’identità di marca è radicale
Il rebranding rappresenta l’intervento più profondo nello spettro dell’evoluzione del brand. A differenza di quanto comunemente si pensi, sbagliando, non si tratta di un mero cambio di immagine, di colori e logo, il rebranding riguarda una ridefinizione fondamentale del DNA aziendale che coinvolge valori, posizionamento e promessa al consumatore.
Le ricerche di settore evidenziano come molte operazioni di rebranding non raggiungano pienamente gli obiettivi prefissati, perlopiù a causa di una pianificazione strategica inadeguata o di un’implementazione non ottimale.
Il caso Meta: anatomia di un rebranding rivoluzionario
Quando il 28 ottobre 2021 Mark Zuckerberg annunciò al mondo la metamorfosi di Facebook in Meta, non si trattava del semplice cambio nome. Era l’inizio di una delle trasformazioni aziendali più ambiziose della storia degli ultimi anni, un vero e proprio cambio di paradigma che avrebbe influenzato – come abbiamo poi visto – l’intero settore tecnologico.
Il rebranding di Facebook in Meta rappresenta molto più di un restyling dell’identità visiva. È la storia di come un’azienda nata per connettere studenti universitari ha deciso di reinventarsi, scommettendo su una visione del futuro ancora tutta da scrivere. Il nuovo logo a forma di infinito non è un semplice simbolo grafico: rappresenta la promessa di possibilità illimitate nel metaverso, il territorio digitale di cui Meta vuol farsi pioniere.
“Non vogliamo più essere visti come una social media company, ma come una metaverse company”, dichiarò Zuckerberg in occasione del lancio. Una frase che racchiude l’essenza di questa trasformazione radicale. Come abbiamo già detto, non si trattava di un renaming (cambio di nome), refresh o restlying, ma della ridefinizione totale dell’identità e della mission dell’azienda.
La scelta del timing non è stata casuale: l’annuncio è arrivato in un momento in cui il mondo, ancora segnato dalla pandemia, aveva scoperto nuove modalità di interazione digitale. Meta ha colto questa finestra di opportunità per proporre una visione ancora più ambiziosa: un futuro in cui il confine tra reale e virtuale diventa sempre più impalpabile. Questa trasformazione ha innescato un effetto domino nell’intero settore tecnologico. Altre grandi aziende, come Apple e Google, hanno accelerato i loro progetti nel campo della realtà virtuale e aumentata, confermando come il rebranding di Meta fosse ben più di un cambio d’immagine, ma il segnale di un cambiamento epocale nel modo in cui pensiamo alla tecnologia e all’interazione digitale.
Il caso Meta ci ha insegnato che un rebranding di successo deve essere l’espressione di un cambiamento profondo e autentico. Il rebranding è la manifestazione visibile di una trasformazione che parte dal cuore stesso dell’azienda, dalla sua visione del futuro e dal suo ruolo nel mondo. Viceversa, non sarebbe un rebranding ma un…
Restyling, ovvero l’evoluzione consapevole del brand design
A differenza del rebranding, che abbiamo visto essere una trasformazione radicale che parte dal DNA della marca, il restyling rappresenta “un’evoluzione controllata” dell’identità visiva. Evoluzione che richiede una profonda comprensione della brand equity.
Per usare un’analogia, fare un restyling è un po’ come rinnovare una casa storica: occorre modernizzarla, preservandone al contempo i tratti distintivi, ciò che la rende unica, la sua storia.
Nel restyling, ogni elemento visivo viene analizzato attraverso due lenti: il suo valore storico e il suo potenziale evolutivo. Per dirla in altre parole, un restyling efficace trova un equilibrio tra il patrimonio storico del brand e la sua proiezione futura, rispetta la memoria emotiva che i consumatori hanno costruito con il brand nel tempo, pur attualizzandone l’espressione visiva. La sfida sta nell’identificare quali elementi rappresentano il DNA immutabile del brand e quali possono essere modernizzati senza comprometterne la riconoscibilità. Una bella sfida anche questa, non c’è che dire.
Il restyling di Mastercard: un caso studio di semplificazione strategica
Diciamoci la verità: quante aziende se la sentirebbero di togliere il proprio nome dal logo? Potrebbe bastarci una mano per parlarvene e un dito dovremmo usarlo per indicare Mastercard.
Nel gennaio 2019, Mastercard ha compiuto una mossa significativa e audace nella sua evoluzione visiva: l’eliminazione della parola “mastercard” dal suo iconico pittogramma con due cerchi intrecciati. Questa decisione, annunciata ufficialmente da Raja Rajamannar, Chief Marketing e Communications Officer nella pagina corporate dedicata proprio al restyling di Mastercard, ha segnato un punto nodale nella storia del brand.
Il nuovo design, sviluppato in collaborazione con l’agenzia Pentagram, ha mantenuto gli iconici cerchi rosso e giallo ed espunto del tutto il wordmark che aveva caratterizzato il logo dal 1968.
La decisione di Mastercard si basava su considerazioni pratiche legate alle dinamiche digital:
- adattabilità agli spazi ridotti degli smartphone;
- riconoscibilità sulle app di pagamento;
- flessibilità nell’uso su piattaforme digitali diverse;
- semplicità di implementazione in contesti internazionali.
Secondo il comunicato ufficiale di Mastercard, prima di procedere con questa trasformazione, il simbolo dei cerchi intrecciati era già riconosciuto dall’80% dei consumatori, senza la necessità del nome scritto ad affiancarlo. Il nuovo logo è stato introdotto progressivamente attraverso carte di pagamento, terminali POS, piattaforme digitali, materiali di marketing, touchpoint fisici e digitali.
Il caso del restyling di Mastercard ha riconfermato una verità intramontabile del branding: un simbolo ben progettato può comunicare con forza l’identità di un brand anche senza elementi testuali. Un po’ come gli archi d’oro di McDonald’s, lo swoosh di Nike, la mela di Apple, la sirena di Starbucks.
Rivitalizzazione della marca: quando l’evoluzione è un processo di rinascita
A differenza del rebranding o del restyling, la rivitalizzazione del brand (o brand revitalization) rappresenta un processo più sfumato di rinnovamento. Non modifica l’identità visiva, non stravolge il brand DNA, ma rinnova il modo in cui il brand si esprime e si relaziona con il suo pubblico.
LEGO: storia di una rinascita attraverso il ritorno alle origini
Nei primi anni 2000, LEGO si trovava sull’orlo del precipizio. Il colosso danese dei mattoncini colorati, che aveva fatto sognare generazioni di bambini e bambine, stava attraversando la crisi più profonda della sua storia. Le vendite erano in caduta libera, l’intrattenimento digitale sembrava aver relegato i giochi di costruzione in un angolo polveroso del passato e il brand aveva perso la sua identità inseguendo una diversificazione eccessiva dei prodotti. Era il momento di una svolta radicale.
Nel 2004, quando Jørgen Vig Knudstorp prese le redini dell’azienda come CEO, LEGO iniziò un viaggio di rivitalizzazione che sarebbe diventato un caso studio di riferimento nel mondo del brand management.
La prima mossa fu tanto coraggiosa quanto controintuitiva: tornare alle origini. Mentre il mondo correva verso il digitale, LEGO decise di riabbracciare la semplicità del suo mattoncino iconico. L’azienda aveva disperso le proprie energie in troppe direzioni: parchi a tema, abbigliamento, action figure… Era il momento di ricordare al mondo che LEGO significava creatività attraverso la costruzione. Questa decisione di “tornare al core” non significava però ignorare il presente. Al contrario, LEGO ha saputo reinventare il concetto di gioco di costruzione per l’era digital. In tal senso, il lancio di LEGO Ideas nel 2008 ha rappresentato una svolta fondamentale: una piattaforma dove i fan potevano proporre i propri design per nuovi set. Non era solo un modo per ottenere idee fresche: era una rivoluzione nel rapporto tra brand e consumatori.
La trasformazione digitale è stata gestita con maestria. Invece di vedere la tecnologia come un nemico, LEGO l’ha trasformata in alleato. Videogiochi, app, esperienze virtuali: il mattoncino fisico è diventato il ponte tra mondo reale e digitale. Un’evoluzione che non ha tradito l’essenza del brand ma l’ha arricchita di nuovi significati.
I risultati di questa strategia sono stati superbi. Dai report finanziari ufficiali emerge un dato clamoroso: da una perdita di 1,4 miliardi di corone danesi nel 2004, LEGO è arrivata a registrare un utile netto di 13,3 miliardi nel 2021. Ma il successo non si misura solo in numeri: LEGO è tornato a essere un brand amato, rispettato e, soprattutto, rilevante per le nuove generazioni.
La storia di LEGO ci insegna che la rivitalizzazione di un brand non significa per forza doversi reinventare e stravolgere. A volte, la strada per il futuro passa attraverso una riscoperta consapevole delle proprie radici. Il segreto sta nel saper leggere il presente mantenendo fede alla propria essenza.
Rebranding, restyling o rivitalizzazione: come scegliere la strategia giusta?
La scelta tra rebranding, restyling e rivitalizzazione dipende da un nutrito elenco di fattori. L’analisi dello stato attuale del brand, degli obiettivi aziendali e del contesto competitivo sono elementi fondamentali per prendere una decisione strategica. È essenziale valutare anche l’impatto sul pubblico e le risorse necessarie per l’implementazione.
Il successo di qualsiasi strategia di rinnovamento del brand dipende dalla coerenza dell’esecuzione e dalla profonda comprensione del proprio pubblico. La trasformazione deve essere autentica e risonante con i valori del brand, a prescindere dall’approccio scelto. Non esiste una formula universale per il rinnovamento di un brand, ma la chiave sta nella capacità di leggere i segnali del mercato e rispondere con una strategia appropriata.
Che si opti per un rebranding radicale, un restyling evolutivo o una rivitalizzazione strategica, l’obiettivo rimane sempre mantenere il brand rilevante e competitivo in un mercato in continua evoluzione.
Per misurare il successo di queste operazioni, occorre monitorare metriche di branding specifiche, come la brand awareness, il sentiment dei consumatori e, naturalmente, i risultati di business. I tempi di implementazione variano in maniera sensibile: da qualche mese per un restyling fino a diversi mesi, persino anni, per un rebranding completo o una rivitalizzazione profonda.
Il rinnovamento di un brand richiede coraggio, visione e una profonda comprensione del proprio mercato ma, quando eseguito correttamente, può aprire la strada a nuove opportunità di crescita e successo. Se state valutando di mettere in atto la vostra trasformazione, contattateci: siamo esperti in questo.