Ci sono brand name che nascono per gioco, sgranocchiando una mela o incastrando parole come mattoncini di plastica. Ce ne sono altri che raccontano, con ogni singola lettera che li compone, una storia. Ci sono nomi che celebrano scienziati o imprese fantascientifiche, e che si fanno carico dello stesso fuoco visionario. Ce ne sono altri che accendono scintille o che celebrano la forza che muove ogni cosa: la creatività.
Qui leggerai di come sono nati alcuni dei più celebri nomi di aziende e brand. E, per finire, scoprirai anche i retroscena di un brand name made in Pennamontata.
IKEA. Un acronimo, una storia
Da queste parti non amiamo troppo gli acronimi: sono freddi e asettici, incapaci di risvegliare nella mente immagini e smuovere emozioni. Ecco, IKEA è un acronimo – ma quelli della categoria “l’eccezione conferma la regola”.
La storia di IKEA inizia nel 1943, quando l’allora diciassettenne Ingvar Kamprad decide di fondare un’azienda che diventerà famosa per i suoi “pacchi piatti” contenenti mobili smontati, facili da trasportare. Come spesso accade, l’intuizione nasce per rispondere a un limite: Ingvar vive nel villaggio svedese di Elmtaryd, a Agunnaryd, un luogo impervio e difficile da attraversare. Da qui l’esigenza di rendere più agevoli le spedizioni.
L’ingegno di Ingvar Kamprad e il suo luogo di origine sono quindi due tasselli fondamentali nella genesi di una grande innovazione. Non stupisce, quindi, ritrovare entrambi nell’acronimo IKEA: le prime lettere sono le iniziali del nome Ingvar Kamprad; le ultime quelle di Elmtaryd e Agunnaryd.
Apple, un nome fuori dagli sche(r)mi
Siamo negli anni ’70, a Palo Alto. Steve Wozniak, l’informatico conosciuto come uno dei padri dei personal computer, ha appena ricevuto il via libera per commercializzare una delle sue più grandi invenzioni: il primo computer Apple. Ma per iniziare a vendere il prodotto, lui e il “socio” Steve Jobs hanno bisogno di dare un nome all’azienda. Così discutono sulle varie ipotesi e Steve Jobs lancia la sua proposta: Apple Computer.
Il nome è un po’ insolito… Da dove nasce la bislacca idea di associare un prodotto tecnologico a un frutto?
È lo stesso Steve Jobs a spiegarlo: in quel periodo stava seguendo una delle sue diete fruttariane ed era appena tornato da una visita a un’azienda agricola di mele. Il nome gli sembrava divertente, vivace e non intimidatorio. Insomma, perfetto. Si poteva anche togliere la parola “computer” perché poteva funzionare benissimo anche da solo. Troppo audace? Lasciamo rispondere ai posteri: quando senti la parola Apple, pensi prima ai dispositivi o al frutto?
Tesla, un nome visionario
Il nome dell’azienda è un omaggio all’inventore, fisico e ingegnere elettrico Nikola Tesla (1856-1943), ricordato per essere un pioniere nel campo dell’elettromagnetismo. Le sue opinioni sulla tecnologia, ai tempi, erano considerate visionarie e le applicazioni dei suoi studi hanno permesso grandi innovazioni tecnologiche. Alcuni suoi progetti teorici si spingono talmente oltre da sconfinare nella fantascienza, come gli studi sul teletrasporto e sui viaggi nel tempo.
Forse Elon Musk ha visto in questo grande ingegnere elettrico non solo colui che ha scoperto la materia prima che fa muovere i veicoli Tesla, ma anche l’intento di frangere il confine che separa la realtà dalla fantascienza. E in questa visione, forse, si è rispecchiato.
Meta, la fantascienza diventa realtà
Meta è il nuovo nome della società di Mark Zuckerberg. Un nome descrittivo che deriva dal termine metaverso.
“Termine coniato da Neal Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow crash (1992) per indicare uno spazio tridimensionale all’interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire attraverso avatar personalizzati. Il m. viene descritto come un enorme sistema operativo, regolato da demoni che lavorano in background, al quale gli individui si connettono trasformandosi a loro volta in software che interagisce con altro software e con la possibilità di condurre una vita elettronica autonoma. Il m. è regolato da norme specifiche e differenti dalla vita reale e il prestigio delle persone deriva dalla precisione e dall’originalità del rispettivo avatar. Si è parlato di m. per definire le chat tridimensionali e i giochi di ruolo multiplayer online.” (Enciclopedia Treccani)
Qui il confine tra fantascienza e realtà si frange (sul serio) davanti ai nostri occhi – o meglio, davanti a un visore – perché Mark Zuckerberg sta davvero trasformando in realtà le fantasie di un romanzo. È lui stesso a raccontarci perché ha scelto il nome Meta – ne abbiamo parlato anche in un post su LinkedIn.
“Studiavo i classici, e la parola ‘meta’ deriva dalla parola greca che significa ‘oltre’. Per me, simboleggia che c’è sempre altro da costruire e c’è sempre un capitolo successivo della storia.”
Sarà davvero questo “l’oltre” che ci aspetta? Stay tuned!
Fanta, un omaggio alla fantasia
Ora voliamo in Germania, nel 1941. La guerra imperversa e Max Keith, il principale imbottigliatore tedesco di Coca-Cola, non riesce più ad approvvigionarsi della bibita. Il lavoro è fermo e deve inventarsi qualcosa. Racimola quindi i pochi ingredienti a sua disposizione – bucce di frutta, mela e siero di latte – e li mescola per creare una nuova bevanda. La chiama Fanta, che è l’abbreviazione della parola tedesca fantasie. Il nome è semplice e funziona. E poi è un omaggio alla creatività, risorsa che ti può svoltare la carriera e la vita. Proprio come è successo a Max Keith.
Lego. Un nome, un gioco di incastri
Ho ripercorso la storia di questo brand name di recente, in un numero di PopCopy, ma voglio riproporla anche qui, perché il nome di questo gioco è, a sua volta, un gioco di incastri. Esattamente come lo sono i mattoncini Lego.
È il 1932 e Ole Kirk Kristiansen, carpentiere, ha una piccola falegnameria che fatica ad andare avanti. Decide quindi di convertire la sua attività e di iniziare a fabbricare giocattoli in legno. I suoi giochi, di perfetta fattura, iniziano a riscuotere successo e la sua attività finalmente decolla. Nel 1946 acquista una macchina per lo stampaggio a iniezione e realizza un nuovo gioco: dei mattoncini di plastica impilabili. È lui stesso a dare il nome alla sua invenzione: incastra le parole “leg” e “godt” (che in danese significano “gioca bene”) come fossero mattoncini, e ottiene la sua più celebre costruzione: Lego.
Tinder, I’m on fire
Ora veniamo a un gioco decisamente diverso, anche se sempre di incastri si tratta. Non avevo la più pallida idea del significato del nome Tinder. A orecchio mi ricordava la parola “tender”, ma ero abbastanza convinta che non venisse da qui il nome dell’app di incontri che – diciamocelo – di tenero ha ben poco. E infatti… infatti non è questa l’origine. Ci ha pensato l’account Instagram di Synesia (la cui founder, Béatrice Ferrari tiene una meravigliosa lezione sul brand naming a Copy42 ADV) a rivelarmi che “tinder” è un sostantivo inglese che significa “esca per il fuoco”, e che quindi rimanda a un materiale combustibile utile ad accendere una fiamma. Sarà un fuoco di paglia? Per qualche persona forse sì; per altre mi auguro di no.
Copy42, la risposta a tutte le domande
« “Quarantadue!” urlò Loonquawl. “Questo è tutto ciò che sai dire dopo un lavoro di sette milioni e mezzo di anni?”
“Ho controllato molto approfonditamente,” disse il computer, “e questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la domanda”.»
Se hai letto Guida galattica per gli autostoppisti, il romanzo di fantascienza di Douglas Adams, avrai riconosciuto questo passo. Nel racconto, per cercare risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto, viene costruito Pensiero Profondo, un supercomputer che, dopo sette milioni e mezzo di anni di elaborazione, fornisce come risposta “42”.
Siamo partit* da qui, quindi, per trovare il nostro nome. Copy42 si chiama così perché è un format di corsi per copywriter che provano a dare risposta a tutte le domande dell’universo “copywriting”. Insomma anche noi, come Elon Musk e Mark Zuckerberg, abbiamo racchiuso nel nostro nome una piccola dose di fantascienza. E per ora ci ha portato fortuna!