Food Advertising: com’è fatta la comunicazione che prende per la gola?

Food Advertising: com’è fatta la comunicazione che prende per la gola?

Io sono una copywriter golosa, e così, un po’ per gola, un po’ per deformazione professionale, la pubblicità sui prodotti del settore food la guardo, la leggo e la studio.

Ne è nata una riflessione che voglio condividere con te. È da un bel po’ di tempo che il cibo non è più considerato solo un bisogno, ma un desiderio. Non solo: negli ultimi due o tre anni sembra essere diventato addirittura un’ossessione.

Basti pensare al successo che hanno programmi televisivi come Master Chef, ai food blogger che spuntano come funghi, e alla letterale invasione nelle nostre varie timeline social da parte dei #foodigers, cioè quelli che non mangiano senza prima aver scattato una foto al proprio piatto con Instagram e averla condivisa con i propri amici e follower. Ci sei anche tu tra loro, di’ la verità. XD

Insomma, sembrerebbe che l’industria alimentare, oggi più che mai, possa scorgere nuove possibilità in questo mercato fatto sempre meno di massa e sempre più di nicchie, sociali o social che siano.

Ma quali sono oggi le strategie di advertising e marketing online e offline del settore food per arrivare al proprio target? Quali leve muovono le grandi aziende e le agenzie pubblicitarie a cui affidano la promozione del loro prodotto? Fatti questa scorpacciata di food Adv e Mktg insieme a me.

L’era del social food: la grande abbuffata di #hashtag

Molti social media strategist legati al settore food e non solo hanno convinto i propri clienti e aziende a comunicare col cancelletto. L’hashtag marketing sta prendendo sempre più piede e così Mulino Bianco ci chiede di twittare con l’hashtag #unmondobuono e Ferrero con #noilamattina.

Il mio tweet contributo al social food: Io la mattina vorrei un mondo buono dove Banderas mi porta pane e Nutella a letto. #noilamattina #unmondobuono

Ma se Mulino Bianco non è riuscita a legare l’hashtag a doppio filo con i suoi prodotti, Ferrero ha riscontrato un buon successo anche in termini di ritorno di immagine sul prodotto, inaugurando l’hashtag in occasione del lancio dei 3 nuovi formati della Nutella. Date un’occhiata ai due hashtag su Twitter e vi renderete conto della differenza dell’interazione.

Mettici poi che la Nutella ha una brand image molto molto sviluppata e che quindi è senz’altro avvantaggiata nella creazione di engagement. D’altronde, che mondo sarebbe senza Nutella? Peccato per il pasticcio che hanno combinato in merito al World Nutella Day. Mannaggia, mannaggia.

10 leve per deliziare il mercato food

Ma adesso andiamo offline ed entriamo nel mondo del food advertising televisivo. Quali sono le leve su cui basano le proprie campagne pubblicitarie le aziende? Sono tante e diverse a seconda:

  • del messaggio e del benefit che si vogliono veicolare;
  • delle caratteristiche del prodotto;
  • del target che si vuole prendere per la gola.

Vediamo insieme 10 leve che le aziende utilizzano per tentare il mercato.

1. La gola o del potere del “mmm”

È la più comune e a mio parere la più potente leva su cui far perno quando si pubblicizza un prodotto alimentare: la gola. Niente converte di più dell’acquolina in bocca. E quelle pubblicità che ci fanno fare ”mmm” vincono.

2. Versatilità e velocità

philadelphia e versatilitaIn un mondo in cui il corri corri è una regola, il “veloce veloce” è un benefit che a molti fa gola. Qual è il primo prodotto alimentare che ti viene in mente? A me la Philadelphia che, oltre a veicolare il messaggio tramite la pubblicità televisiva, ha fatto un bel lavoro sul suo sito.

3. Le emozioni persuadono

Per molti pubblicitari la persuasione sta nell’emozione. Penso immediatamente a “Dove c’è Barilla c’è casa”. E tu?

4. Viva la mamma

Le mamme sono il target più bombardato dall’industria alimentare. Se conquisti la mamma è fatta. E per rassicurare le mamme cosa c’è di meglio di una mamma testimonial? E meglio ancora è la mamma testimonial sportiva, la cui immagine, quindi, è legata al benessere (vedi Fiona May per la Kinder fetta al latte).

Altri soggetti utilizzati per acchiappare l’attenzione delle mamme sono gli studiosi/scienziati che spiegano com’è fatto un prodotto e perché dovresti farlo mangiare a tuo figlio.

Infine, ci sono le pubblicità in cui gli stessi bambini sono protagonisti. Ancora un esempio dalla Mulino Bianco, tratto da uno spot dove due bimbi fanno colazione con latte e biscotti nel laboratorio del mugnaio Banderas: “Lo dico alla mamma: da oggi solo Tarallucci” “Sennò, sciopero della colazione”.

5. Ci metto la faccia

metterci la facciaIl mio prodotto è così buono che ci metto la faccia. Il caso più famoso Made in Italy è quello di Giovanni Rana. Sconsiglio la pratica a chi non ha la giusta faccia. Non scherzo. Il signor Rana è un po’ il nonno d’Italia, ha una faccia pulita e rassicurante. Tanto che nonostante non abbia più ruoli dirigenziali all’interno dell’azienda, continua a essere lui l’immagine del pastificio.

6. È tutta roba genuina

Zero calorie, grassi, zuccheri, coloranti e conservanti. Ricco di fibre, calcio e vitamine. Queste espressioni, declinate in tutti i modi possibili e immaginabili sono spesso sotto i nostri occhi. La “genuinità” pare essere una leva molto forte, tanto che addirittura McDonald’s, l’emblema del junk food, ci prova. Secondo te ci riesce?

Ti è mai capitato di dover scrivere un copy in cui bisogna comunicare il concetto di “genuinità”, ma senza usare parole come “salutare”?

7. Se il testimonial non basta più

Testimonial sì o testimonial no? Sì, ma meglio se legato a un benefit, una promessa. Per esempio, Banderas mugnaio ha destato più di qualche perplessità. Però, in uno degli ultimi spot, si è deciso di accostare al bel mugnaio la risoluzione di un problema: le fette biscottate si rompono; Banderas da oggi te le fa più spesse e non si rompono più… le fette biscottate.

8. Ti prendo per la tasca

La convenienza economica è un fattore molto utilizzato per pubblicizzare i supermercati e i prodotti dei relativi marchi. Vedi gli spot Coop con la Littizzetto (“Cambiare conviene”) e quelli Conad (prima che decidessero di far svegliare quel povero dipendente alle 3 di notte per controllare la freschezza).

Molti marketer concordano nel ritenere che giocarsela sul prezzo sia un’arma a doppio taglio: prezzo minore, minore qualità? Be’ per i supermercati, la questione è diversa, dato che è lì che facciamo la spesa con un occhio, anzi tre al prezzo.

9. Il potere del visual

il potere del visualNon pubblicizzerei mai un prodotto alimentare utilizzando come medium la radio. A meno che non abbia un copy che spacca, uno di quelli in cui le parole non solo ti fanno sentire, ma ti fanno anche vedere. Difficilissimo.

Perché se c’è un settore in cui il visual è davvero fondamentale è quello del food Adv. A mio parere, un food-visual riuscito (ma vale lo stesso per un copy) è “sinestetico”: le immagini non solo ti fanno vedere, ma scatenano altri sensi, soprattutto il gusto.

Uno spot che mette in pratica questa tecnica, secondo me, è quello del Gran Cereale, che è anche un ottimo esempio di comunicazione circolare. Il messaggio è: il biscotto in questione è “ruvido”, naturale, quasi selvaggio. Il visual e il copy restituiscono perfettamente il concetto dall’inizio dello spot fino alla call to action “Mordi la forza della natura”.

10. Sesso e cibo

Sull’onda della psicologia freudiana, la coppia sesso e cibo è stata sfruttata in tutte le salse. Dal blando “Fate l’amore con il sapore” della Müller (che la mia povera nonna mezza sorda capiva così: “Fate l’amore con il sapone” o.0) alle pubblicità che è proprio il caso di definire di cattivo gusto. Si passa dai messaggi sussurrati a quelli subliminali e si arriva all’ironia, più o meno riuscita.

Dai, adesso è il tuo turno di ingolosirmi con i tuoi commenti: quali altri trend e leve utilizza l’industria alimentare per pubblicizzarsi? Delle 10 leve di cui ho parlato, quale funziona di più secondo te?

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