Ne avrai sentito parlare. Ne avrai letto qua e là. Ti ricorderai del capitolo che le ha dedicato Robert Cialdini in “Armi della persuasione” e avrai subodorato che è un po’ come l’oro. Ma, in fondo in fondo, mica l’hai capito proprio tanto bene come applicare ’sta riprova sociale. Vero?
Prova che ti riprova a cercare un post chiaro e utile sull’argomento, secondo me sei capitato nel posto giusto. E non lo dico io, eh. Lo dicono le mijaaaaaja di persone che leggono i post Pennamontata. (Sa, sa, saah. Riprova.)
Vediamo se indovino.
Quello di cui hai bisogno non è tanto sapere cos’è la riprova sociale, né leggere l’ennesima definizione presa da Wikipedia. Credo tu voglia capire come puoi sfruttare la riprova sociale all’interno del tuo sito e aumentare così il ROI. Credo tu voglia vedere degli esempi che possano esserti d’ispirazione. Casi da replicare, già da oggi, col tuo brand.
Perfetto. Sapevo che sei uno che punta dritto al dunque. Eccoti dunque servito.
Usa foto, non solo recensioni
Certo, le recensioni sono importanti. Soprattutto negli e-commerce. Ce lo ricorda una ricerca pubblicata sull’International Journal of Electronic Commerce sulla correlazione tra recensioni e aumento delle vendite.
Una delle 3 ipotesi scaturite da questo studio è riassunta nello schema qui sotto.
Te lo spiego brevemente:
- H2a: La brand reputation di un prodotto, così come espressa dall’eWOM (passaparola digitale dato dalle recensioni), influisce positivamente sulla vendita di quel dato prodotto.
- H2b: Quando le recensioni dei clienti su un prodotto non sono presenti, la brand reputation, così come espressa dall’eWOM, ha una correlazione positiva più alta con le vendite rispetto a quando le recensioni esistono.
- H2c: Quando le recensioni dei clienti su un prodotto sono presenti, la brand reputation, così come espressa dall’eWOM, ha una correlazione positiva più bassa con le vendite rispetto a quando le recensioni non esistono.
Cosa vuol dire? Vuol dire che gli acquirenti tendono a focalizzare la loro attenzione subito sul prodotto. Quando le recensioni sul prodotto che vogliono comprare non esistono (es: libro), questi cercano informazioni sul brand (es: autore del libro). In pratica ci fidiamo più degli altri compratori che dell’azienda.
Abbiamo capito, quindi, che le recensioni sono davvero importanti. Ma guarda un po’ cosa fa ModCloth, uno dei miei e-commerce preferiti.
ModCloth ha creato la pagina Style Gallery. Qui le utenti possono pubblicare le loro foto mentre sfoggiano abiti e accessori acquistati nell’e-shop. In un blog post dedicato, il brand spiega alle sue aficionadas in cosa consiste questa gallery e perché è importante anche il loro contributo. Nel far ciò, di nuovo, usa il principio di reciprocità.
Le foto delle utenti rendono l’esperienza di acquisto più autentica, perché autentiche sono anche loro. Sono ragazze vere, che sfoggiano fiere tanto gambe di stambecco quanto rotolini burrosi.
ModCloth ha forse rimpiazzato le classiche recensioni con le foto? Certo che no. Oggi però, proprio con le foto, sfrutta due volte tanto il principio di riprova sociale: da un lato convince nuove clienti ad acquistare, dall’altro crea una community di brand ambassador.
Chapeau.
Non hai un e-commerce? Sfrutta le foto così
Se il sito per te è solo una vetrina, e non un vero e proprio negozio, non illuderti pensare di non poter sfruttare le foto come riprova sociale. Anzi.
Ecco per te 7 idee:
- 1. Partecipi come speaker a eventi di settore? Pubblica foto di te in azione sul palco. Fa’ in modo che si veda anche la platea (ma solo se non è “a fetta di Edammer”, ossia a buchi, con poca gente insomma).
- 2. Mostra i lavori che hai realizzato. Crea una sezione portfolio all’interno del tuo sito, per esempio. In questo modo dimostri che ti hanno già scelto in molti (È riprova sociale, baby!) e metti in luce professionalità, versatilità, esperienza.
- 3. Fai capo a un network e cerchi nuovi affiliati? Uno shooting di gruppo, che mostri la numerosità e l’affiatamento della squadra, potrebbe essere un buon investimento.
- 4. Metti in evidenza i loghi dei tuoi clienti. Fallo subito, a partire dalla home page.
- 5. Sei su LinkedIn? Bene. Non dimenticare di aggiungere foto rilevanti nel tuo profilo, nella sezione “Riepilogo” e poi nei “media” di ogni posizione lavorativa, o comunque di quelle più rilevanti.
- 6. Hai pubblicato un libro? Alcuni autori editoriali chiedono, o ricevono in modo spontaneo, foto dei lettori con il loro libro in bella vista. Poi creano una gallery dedicata e la condividono sui social. Che piaccia o meno, anche questo significa sfruttare il potere della riprova sociale. Pensa a come riutilizzare questa idea per il tuo business.
Usa i numeri, ma non spararli tanto per
I numeri fanno “un certo effetto”, lo sai. Te ne ho parlato pure in un post su come scrivere le headline, e torno a ripetertelo. I numeri vanno usati, se hanno un certo valore. I numeri hanno il dolce retrogusto di riprova sociale. E di ROI, certo.
Di modi per far leva sui numeri, e al contempo sul principio di riprova sociale, ne hai un mucchio. Eccone qualcuno.
I numeri delle condivisioni social
Quando le condivisioni dei tuoi blog post non ti fanno vergognare come se passeggiassi in centro con su il cerchietto da renna, è il momento di farle vedere. Di metterle sotto ai riflettori. Di gridare al mondo: “Ehi, mondo! Non avrò il cerchietto da renna, ma i miei post tirano lo stesso di brutto”. (Ho riso solo io mentre la scrivevo, vè?)
Guarda come fa Wired.
I numeri di chi ha già scelto te
C’è un grande prato verde. No, non quello dove nascono speranze. Quello attraversato da un solco; il solco che si è formato con i passi delle persone che hanno iniziato ad attraversarlo da quell’esatto punto.
Quello che vuoi fare, all’interno del tuo sito – che poi è il tuo grande prato verde. Stavolta sì, quello dove nascono speranze –, è creare dei solchi. I solchi della riprova sociale. Vuoi che si vedano e che i potenziali clienti ci camminino dentro, sicuri, dritti verso la scelta. Che poi saresti te con i tuoi prodotti e servizi.
Torniamo ora ai nostri solchi. Ti dicevo che puoi crearli in varie maniere. Per esempio queste.
Groupon, e gli altri siti di deal, usano la riprova sociale così: inseriscono il numero di offerte acquistate.
Una cosa simile la fa anche Basecamp.
E pure Buffer.
Primo modo per creare il solco della riprova sociale, andato.
Sujan Patel invita così a iscriversi alla sua newsletter. Nel copy tira dentro un mucchio di numeri. Lo fa in maniera quasi chirurgica.
Secondo solco, andato pure lui.
Tu ne puoi tracciare molti altri, io devo contenermi o finisco con lo scrivere l’ennesimo post da ennemila parole.
I case study. Dai (ri)prova la tua professionalità
E veniamo con l’ultimo modo (ultimo per questo post, non in assoluto) di utilizzare il principio di reciprocità nella tua comunicazione. Sono loro, i temuti e amati case study.
Buffer, per esempio, crea dei case study per i suoi grandi clienti – a proposito: hai notato la frase, qui nell’immagine in alto, che fa leva sul principio di riprova sociale?
Il case study ha un duplice obiettivo, un po’ come il portfolio:
- punta sulla riprova sociale;
- dà risalto alla tua professionalità e mostra come tu sia stato in grado di risolvere un problema grazie a un tuo prodotto o servizio.
Buffer pubblica i suoi case study all’interno di blog post tipo questo. Tu potresti voler fare lo stesso, oppure potresti investire qualche risorsa in più e creare dei pdf da scaricare o ancora girare delle brevi video-interviste di clienti soddisfatti. Darai così visibilità al loro business e al tuo.
Farai come loro?
Allora, ti ho convinto a far come loro? Come uno di questi brand che hanno capito come integrare il principio di riprova sociale nella propria comunicazione?
Bene.
Allora non solo la riprova sociale vale come oro, ma un pochetto anche questo post. Se t’è piaciuto, non ti chiedo un solitario; solo una condivisione. (È riprova sociale, baby!)