Titoli.
Io ne scrivo parecchi ogni giorno e sono sicura faccia lo stesso anche tu. Dici di no? Ti smentisco subito: pure l’oggetto di una e-mail è un titolo. I titoli non solo li scriviamo quotidianamente; li leggiamo anche. Che siano ben fatti, sensazionalistici, acchiappa clic i titoli sono forse una delle cose che più leggiamo nell’arco di una giornata.
Oggi voglio parlarti proprio di questo importante elemento della comunicazione e lo farò attraverso le parole di Maurizio Dardano, celebre linguista italiano. Nel suo libro “Il linguaggio dei giornali italiani”, edito da Biblioteca Universale Laterza nel 1973 (sì, hai letto bene), dedica un interessante capitolo al registro pubblicitario. Nello specifico, io oggi ti riporterò la parte dedicata alla titolatura.
È davvero interessante, quindi prenditi 5 minuti per imparare qualcosa di utile.
La titolatura con i due punti
Una schema di titolatura che incontriamo di frequente, come fa notare il professor Dardano nel suo testo, prevede l’utilizzo dei due punti. Nello specifico, il linguista scrive:
“Consideriamo uno schema molto diffuso: la giustapposizione, mediante i due punti, di un unico elemento e di una frase. In base alla funzione del primo elemento possiamo distinguere i seguenti tipi che si ritrovano con maggiore frequenza nei nostri quotidiani:
- 1 (argomento) Condizionale: la si può applicare due volte
- 2 (apposizione) La “Montreal”: un bolide che è un salotto
- 3 (locativo) Genova: si cerca il vero capo della banda
- 4 (attore) Giolitti: occorre fiscalizzare gli oneri sociali delle imprese.
I motivi dell’alta frequenza di questo tipo sono essenzialmente: a) il carattere ‘impressivo’; b) l’alto grado di leggibilità; c) la varietà di funzioni; d) la scarsa analiticità (il che significa soprattutto imprecisione dei rapporti, correlata alla reticenza e alla prudenza diplomatica); e) possibilità di indefinite varianti […].
Per quanto riguarda il punto a), osserveremo che il carattere ‘impressivo’ dello schema può talvolta trionfare sull’aspetto semantico; ciò accade per esempio quando il primo elemento è costituito da un aggettivo:
“Allucinante: un cadavere impiccato a un tombino”
“Incredibile: i tifosi del Borussia passano dalle lattine alle pietre”
[…]
Nella pubblicità e nella titolatura giornalistica le ragioni della grande diffusione di questo schema consistono nella progressione enunciativa, con accentuazione ‘impressiva’, e nella sua applicabilità alle più varie situazioni.”
E adesso voglio mostrarti qualche esempio di titolatura costruita sulla giustapposizione di due elementi mediante i due punti. Ho selezionato 6 esempi: 4 provengono dal blogging, 1 dall’advertising, 1 dal giornalismo. (Clicca su un’immagine per aprire la gallery)
Come vedi, i 3 mondi differiscono abbastanza per l’uso che si fa di questo particolare segno di interpunzione.
I casi di My Social Web e WebHouseit sono analoghi: le parole prima dei due punti identificano il soggetto del post; quelle successive forniscono una specifica. Più simili tra di loro pure le titolature di Quick Sprout e Web in Fermento. E che dire invece dell’uso che la testata giornalistica “la Repubblica” fa dei due punti? Si tratta del classico locativo di cui parla Dardano, anche se la costruzione è leggermente più complessa. Infine passiamo al mondo dell’advertising, con la pubblicità della Mini che fa un uso enfatico dei due punti. Stesso identico segno di interpunzione, applicazioni e accentuazioni impressive differenti.
Passiamo ora a un altro segno di interpunzione molto utilizzato nei titoli: il punto interrogativo.
La titolatura con il punto interrogativo
Torno ad avvalermi delle parole di chi ne sa mille – ma che dico mille? -, milioni di volte più di me. Sempre ne “Il linguaggio dei giornali italiani”, Dardano scrive:
“Il titolo con ‘interrogativa contratta’ riproduce uno schema diffusissimo di slogan pubblicitario, che a sua volta vuole imitare il carattere informale del parlato. […] È un caso di notevole drammatizzazione ‘impressiva’ che sfrutta il registro del parlato. Spesso il discorso diretto manca proprio in quegli articoli che sono provvisti di un titolo interrogativo. Si ha pertanto una discordanza formale tra le due componenti dell’informazione.”
Di titolature che fanno uso del punto interrogativo ne vediamo tantissime. Voglio iniziare col mostrartene qualcuna presa dalla mia collezione di “Epoca”, anno 1963. Nota bene: stiamo parlando di più di 50 anni fa.
La domanda è una forte esca. Cattura l’attenzione, circoscrive il target, suscita curiosità: per questo viene usata molto all’interno dei titoli dei blog post. Qualche esempio? Eccotelo servito.
E infine qualche titolo preso dalle testate giornalistiche online.
In conclusione
Spero che questo viaggio nel cuore della punteggiatura per la titolatura ti sia piaciuto. A me è piaciuto tanto leggere un libro degli anni Settanta e scoprirne l’incredibile attualità. A volte per guardare avanti bisogna fare un passo indietro. Non trovi?